Schumacher e il suo Mito

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Schumacher e il suo Mito

Agosto 3, 2016
Riccardo Rico Reina

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C’è un aneddoto relativo agli esordi della carriera di Michael Schumacher, che racconta quanto la sua intelligenza e meticolosità ne abbiano fatto una superstar della Formula1. Nei giorni precedenti la 24  Ore di Le Mans del ’91, il team Mercedes improvvisò una corsa ciclistica nel circuito per i sui piloti: un’opportunità per stampa e ospiti di calarsi nell’atmosfera della gara. “Heinz-Harald Frentzen e Karl Wendlinger diedero vita ad un “testa a testa”, una sfida all’ultima pedalata tra giovani piloti – racconta Simon Arron, giornalista di Motor Sports Magazine.

Il 22enne Shumi rimase indietro, scendendo spesso dalla bici per valutare le vie di fuga, i cordoli e trovare nuovi limiti per le traiettorie che aveva in mente. I suoi giovani colleghi avevano solo in testa di dimostrare chi fosse il più bravo e veloce in sella alla bicicletta. Per Schumacher fu invece un’opportunità in più per immagazzinare ulteriori informazioni.

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Anni dopo chiesi a Peter Sauber, il Team Manager di quella squadra, come si comportò Michael nel lungo weekend di gara (per la cronaca fu quarto). ‘Fu il nostro pilota più veloce’ – mi disse. ‘Ma allo stesso tempo il più abile nel risparmiare benzina, gomme e freni’.”Ci vuole qualcosa in più del semplice talento e dello stile unico di gara per diventare un campione come Schumacher.“La sua propensione per la velocità è sempre stata evidente – ha aggiunto Simon Arron – ma l’attenzione ai dettagli e la determinazione maniacale per il lavoro quotidiano, ne hanno fatto un pilota diverso da tutti gli altri”. Se il tennis ha Roger Federer e il cricket Sir Don Bradman, Schumacher è la Formula1.

Uno sportivo che grazie all’eccellenza nella continuità, ha fatto storia a sé. Sette titoli mondiali, di cui cinque di fila all’inizio del millennio, sono il picco di una carriera che ha attraversato due decenni. Dall’esordio quasi casuale del 1991, al suo contrastato ritorno alle corse, tra il 2010 e il 2012. Devoto padre di famiglia e professionista impeccabile, è stato il perfetto ambasciatore di molti brand che gli devono parte delle loro fortune. Poi, naturalmente, tutto cambia con i ricordi che ci riportano tragicamente al terribile incidente del 29 dicembre di due anni fa. Ironicamente lontano dai circuiti, durante un fuoripista sulle nevi di Meribel, sulle Alpi francesi. L’agonia di un lungo periodo di coma e i lenti miglioramenti sino al risveglio sette mesi dopo, hanno devastato la famiglia, gli amici e i suoi milioni di tifosi sparsi nel mondo.

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A un anno dall’incidente, Ross Brawn, direttore tecnico della Ferrari di Schumi e suo grande amico, disse ai giornalisti che manteneva viva la speranza per la sua piena ripresa. “Possiamo solo pregare ogni giorno perché ciò avvenga – aggiunse. I progressi sono lenti, ma la speranza è sempre viva”. Lasciato l’ospedale, la sua famiglia ha riportato Michael a casa, sulle sponde del lago di Ginevra, non lontano da Losanna, dove difendono la privacy del loro dolore. Hanno attrezzato parte della casa con le attrezzature più moderne per inseguire i lenti miglioramenti in un’attesa senza fine. Amici e ammiratori sperano ogni giorno di ricevere buone notizie, e intanto ne ricordano l’incredibile carriera e riflettono sui suoi grandi risultati. Che tipo di campione sportivo è stato Schumacher?

Se guardiamo ai freddi numeri delle classifiche di ogni tempo della Formula1, capiamo subito che ha fatto storia a sé. 91 vittorie in totale, di cui 13 in una sola incredibile stagione, il 2004. Il secondo pilota di questa classifica, il francese Alain Prost, è staccatissimo a quota 51. Se andiamo indietro nel tempo, tra gli anni ’50 e ’70, quando c’erano meno gare e carriere più brevi (a causa spesso dei più bassi livelli di sicurezza rispetto ad oggi), risulta impossibile intuire quanto, campioni come Juan Manuel Fangio o Jackie Steward, avrebbero potuto fare in tempi più recenti. Fangio, per esempio, lo troviamo soltanto all’11° posto nella lista “all-time” per numero di vittorie con 24 primi posti. Ma gareggiò soltanto in 52 Gran Premi, contro i 306 di Schumacher e i 199 di Prost.

La superiorità assoluta di Schumi appare tuttavia impressionante; osservando da un’altra prospettiva si nota come la sua abilità nel mantenere il dominio al vertice per così tanto tempo sia davvero unica nella storia dell’automobilismo. Lewis Hamilton e Sebastian Vettel hanno potenzialmente sufficientemente tempo davanti a se per provare superare Schumacher; anche se, con rispettivamente 43 e 42 vittorie…hanno ancora molta strada da fare! Inoltre, se guardiamo all’intera carriera di Schumi, troviamo complessivamente 114 vittorie si 371 corse. In pratica ha vinto circa un terzo di tutte le gare professionistiche a cui ha preso parte nella sua lunga carriera.

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Mark Gallagher, rispettato protagonista del motorsport da molti anni, era nel board della scuderia Jordan all’epoca del debutto di Michael Schumacher in Formula1. Gallagher ricorda la precocità e la determinazione di quel giovane pilota. “Ho assistito al primo test assoluto di Michael con una Formula1, a Silverstone, nell’agosto del 1991. Guidava una delle nostre macchine, la Jordan Ford 191, e nonostante gli fosse stato chiesto di fare un breve test, non smetteva più di inanellare giri su giri, sempre più veloce, fino a che un meccanico fu costretto a scendere pista per obbligarlo a rientrare al box!

Vedemmo subito che aveva talento, velocità e determinazione. Si intravvedeva già che avrebbe avuto un grande futuro. Ancora oggi ripenso a quel giorno come a qualcosa di speciale: ho visto sbocciare un talento che avrebbe cambiato per sempre la storia della Formula1. “Michael aveva tutto: capacità, etica del lavoro, capacità di centrare gli obiettivi – ha aggiunto – A parte il tempo che dedicava alla sua famiglia, la Formula 1era il suo mondo. Un mondo del quale conosceva a perfezione ogni singolo dettaglio”. Nonostante alcuni osservatori ritengano che il record di 91 vittorie di Schumi possa un giorno venire battuto, Mark Gallagher, resta scettico: “la tecnologia fa evolvere continuamente e sempre più velocemente la Formula1.

Di conseguenza, piloti e team hanno meno tempo a disposizione per dominare le stagioni. Inoltre, nel corso della sua carriera, Schumacher ha avuto pochi veri rivali. Oggi davvero poco separa Hamilton da Alonso, Vettel o Ricciardo, se tutti guidassero la stessa macchina. Il fatto che Hamilton abbia vinto “solo” 43 Gran Premi, dimostra chiaramente quanta strada ldeve ancora percorrere per avvicinarsi a Michael. Avrebbe bisogno di almeno altri 4 anni di dominio assoluto: una cosa che probabilmente non avverrà”. Un altro aspetto che fa di Schumacher un campione assoluto, è il livello di forma fisica che inseguiva maniacalmente. Un aspetto cruciale per mantenere reattività e resistenza.

Era anche molto intelligente, capace di processare velocemente le informazioni (ad esempio i dati che gli sottoponevano gli ingegneri) per trovare le migliori soluzioni sulle strategie di gara. Simon Arron pensa che il GP di Ungheria 98 e Francia 2004, rappresentino i momenti più alti della carriera di Schumi, dove ha dimostrato a tutto tondo le sue incredibili qualità. “ In tutte e due le gare la Ferrari era più lenta della McLaren in situazione di serbatoio pieno; il team decise quindi di optare per un setup più leggero della vettura, anche se questo avrebbe richiesto un pit stop in più. Questa strategia obbligò Michael a correre i due GP girando costantemente su tempi da qualifica. Fece tre pit stop in Ungheria, quando la McLaren ne utilizzò soltanto due, riuscendo a rimanere davanti. In Francia furono 4 contro 3, e il risultato fu lo stesso. In entrambe le gare, la vittoria fu il frutto raffinato di un mix di strategia e lavoro di squadra. Ma non sarebbe mai stato possibile senza un pilota del calibro di Schumi”.

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Un altro momento fondamentale della carriera di Schumacher, fu il GP del Brasile del 2006: l’ultima corsa con la Ferrari che gli aveva permesso di vincere 5 titoli iridati in 11 stagioni. “Era chiaro che non sarebbe stata una corsa come le altre – ricorda Simon Arron – l’emozione era palpabile. Reduce dall’amarezza di Suzuka (l’esplosione al motore aveva di fatto consegnato il titolo ad Alonso), Schumi arrivò in Brasile deluso ma liberato dalla tensione della competizione. Solo una vittoria, abbinata al ritiro di Alonso, gli avrebbe permesso di restare in gioco.

Fu una gara sfortunata: 10° in qualifica per un problema tecnico, si ritrovò quasi doppiato dopo un contatto di gara. Il destino ci aveva riservato un finale di carriera epico. Schumi non si arrese e mise in atto una delle più spettacolari rimonte della sua carriera, chiudendo quarto dopo un tiratissimo sorpasso su Kimi Raikkonen. Ancora una volta fu una clamorosa dimostrazione di talento e determinazione, come quella a cui è chiamato adesso”. “Michael continua a lottare” – ha dichiarato Jean Todt, presidente della Federazione Internazionale dell’Automobile in occasione del GP del Messico lo scorso novembre.

La sua famiglia, gli amici, i fans, i colleghi e i rivali di un’impareggiabile carriera, possono soltanto pregare. E ricordare.

L’ articolo e’ stato pubblicato grazie alla Partnership Editoriale con H Edition Magazine : https://heditionmagazine.com e Exc Mag

Photos by  Anke Luckmann ©

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