Il giornalismo è l’insieme delle attività e delle tecniche (redazione, pubblicazione, diffusione, ecc.) volte a diffondere e a commentare notizie tramite ogni mezzo di pubblicazione.
In Italia non esiste una definizione legale di giornalismo. L’unica definizione riconosciuta sia dall’Ordine dei giornalisti sia dalla FIEG è quella riportata nella legge istitutiva dell’Ordine.
All’articolo 1, in cui viene appurata la distinzione tra professionista e pubblicista, si afferma:
sono professionisti coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista.
La Corte di Cassazione, in una sentenza, ha fornito una più ampia definizione di giornalismo:
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Da tale definizione emerge come il pubblico sia un termine di riferimento fondamentale per la professione giornalistica: una notizia viene scritta affinché possa essere resa pubblica. I mezzi di informazione sono molteplici: dai giornali ai mezzi di comunicazione di massa elettronici, quali la radio, la televisione e la rete internet.
In senso lato, l’attività del giornalismo comprende – oltre a quella del giornalista e del fotoreporter – altre importanti figure professionali. Per esempio, sul versante del giornalismo televisivo e radiofonico, quelle del teleoperatore, del tecnico del suono e del montatore (vale a dire l’addetto al montaggio dei servizi giornalistici).
Secondo la giurisprudenza, il giornalista è tenuto ad assicurare ai cittadini un’informazione:
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Libertà di stampa in Italia
Nel corso del tempo, e in particolare nella seconda metà del XX secolo, il giornalismo – e con esso la libertà di stampa – è stato al centro di importanti battaglie: il presupposto di partenza era – e tale viene ritenuto ancora – che un’editoria libera da ogni condizionamento possa garantire una società e un convivere civile migliori. Non a caso il giornalismo è stato definito il Quarto potere (dopo quelli legislativo, esecutivo e giudiziario), per l’importanza che da sempre riveste nella società civile e per i forti interessi che coinvolge.
Giornalismo e riservatezza
Il giornalista che, nell’espletamento della propria attività (che è, primariamente, la produzione di notizie) ritiene necessario diffondere dati attinenti alla sfera privata di un individuo, è tenuto a rispettare il Codice della privacy (decreto legislativo n. 196/2003), di cui è parte integrante il Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali.
Il diritto alla riservatezza delle persone è controbilanciato dal diritto all’informazione su fatti di interesse pubblico e alla libertà di espressione. Tali interessi contrapposti trovano equilibrio nella nozione di essenzialità dell’informazione: il giornalista può diffondere dati attinenti alla sfera privata di un individuo solo se tali informazioni sono indispensabili
in ragione dell’originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti (Codice deontologico, art. 6 comma 1).
Diversamente, il giornalista incorre:
- nelle sanzioni disciplinari previste dall’Ordine (l’avvertimento, la censura, la sospensione dall’esercizio professionale e, nei casi più gravi, la radiazione – legge n. 69/1963);
- nei provvedimenti sanzionatori del Garante della privacy (obbligo di adeguamento del trattamento dei dati personali al Codice della privacy e al Codice deontologico).
In caso di mancato ravvedimento, scatta il reato di “inosservanza dei provvedimenti del Garante” (art. 170 d.lgs. 196/2003). In base a tale disposizione, il Garante può condannare il titolare del trattamento in ambito giornalistico (cioè l’editore) alla sanzione amministrativa della:
pubblicazione, nella testata attraverso la quale è stata commessa la violazione nonché, ove ritenuto necessario, anche in altre testate, della decisione che accerta la violazione, per intero o per estratto, ovvero di una dichiarazione riassuntiva della medesima violazione (art. 164 bis Codice sulla privacy).
La legge istitutiva dell’Ordine impone al giornalista l’obbligo di tutelare la segretezza delle fonti:
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La violazione del segreto comporta una sanzione disciplinare (articolo 48 della legge n. 69/1963).
I giornalisti italiani devono rifiutarsi di fornire i nomi delle persone dalle quali hanno avuto notizie di carattere fiduciario anche di fronte ai giudici. L’obbligo della segretezza della fonte può essere rimosso soltanto nel caso in cui la rivelazione della fonte si riveli indispensabile ai fini della prova del reato.
In questo caso il giudice (mai un pubblico ministero) ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni (articolo 200 del Codice di procedura penale). Solo il giornalista professionista ha la facoltà di opporre al giudice il segreto sulle proprie fonti. I pubblicisti e i praticanti, invece, sono sempre tenuti a rispondere ai giudici sul segreto professionale.
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la nostra Agenzia cercherà sempre di seguire quanto soprascritto in modo da offrire un’informazione completa e realistica, cercando di bilanciare nella maniera migliore possibile, gli interessi che servono all’Agenzia stessa per proseguire la propria attività (non attingendo a nessun fondo Statale), e l’informazione giusta e corretta, nel rispetto dei lettori in primis, clienti, ed in generale dei temi trattati.
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